Salve lettori! Eccomi qui con una nuova recensione di un'opera della Jackson! Questa volta parliamo di Abbiamo sempre vissuto nel castello di Shirley Jackson, edito Adelphi Edizioni!
Titolo: Abbiamo sempre vissuto nel castello
Autrice: Shirley Jackson
Casa Editrice: Adelphi Edizioni
Prezzo: 18.00 cartaceo; 6.99 ebook
È con toni sommessi e deliziosamente sardonici che la diciottenne Mary Katherine ci racconta della grande casa avita dove vive reclusa, in uno stato di idilliaca felicità, con la bellissima sorella Constance e uno zio invalido. Non ci sarebbe nulla di strano nella loro passione per i minuti riti quotidiani, la buona cucina e il giardinaggio, se non fosse che tutti gli altri membri della famiglia Blackwood sono morti avvelenati sei anni prima, seduti a tavola, proprio lì in sala da pranzo. E quando in tanta armonia irrompe l'Estraneo (nella persona del cugino Charles), si snoda sotto i nostri occhi, con piccoli tocchi stregoneschi, una storia sottilmente perturbante che ha le ingannevoli caratteristiche formali di una commedia. In queste pagine Shirley Jackson si dimostra somma maestra del Male - un Male tanto più allarmante in quanto non circoscritto ai 'cattivi', ma come sotteso alla vita stessa, e riscattato solo da piccoli miracoli di follia.
La protagonista Mary Katherine vive con la sorella e lo zio nella meravigliosa tenuta di famiglia. La loro vita non potrebbe essere che perfetta. Purtroppo gli abitanti del villaggio li odiano per le loro ricchezze e il tenore di vita, ma allo stesso tempo hanno paura di loro a causa di un omicidio avvenuto tra quelle mura sei anni prima: i genitori delle ragazze, insieme al loro fratello e la zia sono stati avvelenati durante una cena. Constance, la sorella maggiore, è stata accusata di omicidio, ma subito dopo scagionata. L'assassinio rimane avvolto da un velo di mistero. Mary Katherine e Constance hanno un rapporto incredibile e bellissimo, tra di loro, con lo zio e con la stessa casa: conservano ancora tutti gli oggetti dei famigliari perduti e tutto deve essere perfettamente in ordine al suo posto, nemmeno una patina sottile di polvere li deve nascondere. In effetti quando Charles Blackwood, cugino di famiglia, irrompe nella loro quiete, Mary Katherine si sente sperduta e spaesata, arrivando a compiere gesti spropositati e folli.
Come ho notato anche in L'incubo di Hill House, i personaggi costruiti da Shirley Jackson sono particolarissimi e fuori dal normale, al limiti della follia e pazzia. I loro comportamenti sono incomprensibili al lettore e questa caratteristica provoca un continuo stato di angoscia nell'animo di chi legge, colmante tutto il romanzo. L'ambientazione non è esule dallo stato di angoscia e straniamento perenne, infatti Jackson è famosa per le sue ambientazioni particolarmente cupe e buie. Basti pensare alla stessa casa dei Blackwood, circondata da un tetro bosco e tenuta in perfetto stato, ma piena di fantasmi invisibili che ancora la abitano. Ma ancor più particolare è la descrizione che l'autrice fa della gente del villaggio: sono rappresentati tutti come cattivi, malvagi e egoisti, pronti a tutto pur di rovinare la vita delle sorelle abbandonate a loro stesse, ma dall'altra parte troviamo gli "amici di famiglia", persone che approfittano della loro ricchezza e gentilezza. Tra questi rientra anche Charles, cugino di Constance e Mary Katherine, che si finge loro amico, per poi rovinarle completamente la vita.
Uno degli aspetti che più mi è piaciuto è la relazione tra le sorelle e gli abitanti del paese: Constance è rimasta così segnata dal processo e dall'opinione pubblica che non abbandona mai il suo rifugio sicuro, infatti è Mary Katherine l'addetta alle compere settimanali, tra l'altro unico proposito per cui esce di casa. Le due sorelle sono in perfetta sintonia: si capiscono grazie a un semplice sguardo, sanno ciò che prova l'altra in qualsiasi momento e sono disposte a proteggersi a costo della vita. Il loro rapporto con lo zio Julian, invece, è molto più particolare: le sue sorelle sono totalmente compassionevoli nei confronti della sua pazzia, sopraggiunta dopo l'incidente.
Tutta la vicenda viene narrata in terza persona, mantenendo però il punto di vista della sorella minore. Lo stile della Jackson è anche questo, come l'intero romanzo, molto particolare e complesso, ma non per questo scorrevole. E' come una dolce poesia cupa che culla il lettore all'interno della vicenda, nella sua totale pazzia e a volte nonsense. La scrittrice descrive un perfetto miscuglio di odio, male e paura situate nell'animo della protagonista. Il male che proviene dall'esterno, rappresentato dagli abitanti del villaggio, ma anche quello che si trova all'interno, dentro noi stessi. Da questo nasce la paura: Mary Katherine ha paura degli abitanti del villaggio ma li odia anche, e questo la porta a pensare fuori dal normale e a compiere azioni spropositate, ovviamente per proteggere la sorella.
Ho trovato questo romanzo molto più bello de L'incubo di Hill House, per questo ve lo consiglio vivamente. C'è questa atmosfera cupa e buia che mi affascina ogni volta che leggo qualcosa di questa autrice!
"Mi chiamo Mary Katherine Blackwood. Ho diciott'anni e abito con mia sorella Constance. Ho sempre pensato che con un pizzico di fortuna potevo nascere lupo mannaro, perchè ho il medio e l'anulare della stessa lunghezza, ma mi sono dovuta accontentare. Detesto lavarmi, e i cani, e il rumore. Le mie passioni sono mia sorella Constance, Riccardo Cuor di Leone e l'Amanita Phalloides, il fungo mortale. Gli altri membri della famiglia sono tutti morti."
⭐⭐⭐⭐.5
Se volete, qui trovate la recensione de L'incubo di Hill House della stessa autrice!
A presto,
Claudia
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