Qualche settimana fa, mi sono avventurata nella lettura de La danzatrice di Izu di Kawabata Yasunari, premio Nobel per la letteratura nel 1968. Questo è un racconto accompagnato da due conferenze del 1969: Esistenza e scoperta della bellezza dello stesso Kawabata e Kawabata e la bellezza di Giorgio Amitrano, traduttore insieme a Gala Maria Follaco.
Titolo: La danzatrice di Izu
Autore: Kawabata Yasunari
Casa editrice: Adelphi
Prezzo: 12€
La danzatrice di Izu è la storia dell'iniziazione di uno studente che, per scacciare i suoi tormenti da ventenne, si mette in viaggio verso la penisola di Izu. Un viaggio che lo segnerà per sempre, giacché, grazie all'incontro con una giovane artista girovaga, scoprirà la pura bellezza. Kaoru ha lunghe gambe che rendono il suo corpo simile a un giovane albero di paulonia, occhi magnifici, e quando ride pare che sbocci: ma soprattutto colpisce in lei la semplicità piena di stupore, il candore infantile nel mettere a nudo i sentimenti.Ebbene tutto il libro è incentrato sulla bellezza come ichigo ichie, ovvero incontro unico e irripetibile, miracolosa combinazione di elementi insostituibili. Ed è proprio questa che il giovane studente scopre parlando e guardando la giovane Kaoru, tant'è che dalla loro separazione ne scaturiscono solo lacrime.
La bellezza però non è espressa solo come concetto attraverso degli esempi o grazie al racconto, ma si può riscontrare anche durante la lettura, grazie alla dolce poesia che è lo stile di Kawabata Yasunari. Il lettore viene cullato attraverso il racconto dalle sue parole leggere e piene di significato che imprimono la vicenda in un alone mistico e, appunto, di bellezza.
E' una lettura che può apparire leggera e molto superficiale, ma bisogna leggere attentamente tra le righe per scoprire cosa l'autore ci vuole veramente trasmettere.
"La danzatrice, che giaceva proprio lì ai miei piedi, arrossì e si coprì il viso con le mani. Divideva il futon con una delle ragazze più grandi. Era ancora truccata dalla sera prima. Le restavano tracce di rosso sulle labbra e intorno agli occhi. Vederla appena sveglia, e così emozionata, mi diede una strana tenerezza. Forse infastidita dalla luce, si girò dall'altra parte, quindi, con le mani sempre sul viso, scivolò fuori dal futon e si sedette sul pavimento del corridoio. ≪Grazie per ieri sera≫ disse, poi si inchinò con delicatezza verso di me, che ero ancora in piedi, confondendomi."
Alla prossima,
Claudia
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